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Il Dalai Lama sui classici dubbi anti-religione

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Sì, ancora. No, non sono buddista. Non solo, almeno.

#1. “Le religioni hanno fatto più male che bene.”

Nella storia dell’umanità le grandi religioni sono spesso state un fattore di divisione e conflitto. Non lo si può negare: nell’ambito della famiglia umana le differenze tra le religioni sono state, e purtroppo continuano a essere, motivo di discordia. Gli esempi non mancano, anche nell’ambito di sette e fazioni appartenenti alla stessa tradizione, e non solo tra religioni diverse. [seguono gli esempi di conflitti di ispirazione religiosa che tutti conosciamo]
[…] Pur riconoscendo l’eredità storica come elemento critico, se vogliamo creare seriamente una genuina armonia interreligiosa è giunto il momento di affermare a gran voce che la storia è soltanto storia, e che dobbiamo andare oltre. […] Con ciò intendo sottolineare che quanto accaduto in passato non può rappresentare un ostacolo a uno stile di vita pienamente in accordo con la nuova realtà globale, che richiede coesistenza pacifica di religioni, tradizioni e culture diverse.

Tenzin GyatsoCosa ci sta dicendo il Dalai Lama, “chi ha avuto avuto avuto, chi ha dato dato dato, scordammocce o’ passato”? Ovviamente no. Il dubbio originale, come gran parte di questi famosi dubbi storici sulla relativa importanza delle religioni, parte da un preconcetto che non è poi così assodato. Infatti, se può essere più o meno calcolato il “male” che le religioni “hanno fatto”, non credo sia opinabile che il bene – inteso come somma dei benefici che gli esseri umani hanno tratto dalle religioni – sia incalcolabile. Si può questionare su quale piatto della bilancia sia più pesante, ma lo si può fare in ambito soggettivo, e immagino che sia così che si formano questo genere di conflitti. L’affermazione netta “le religioni hanno fatto più male che bene” lascia esattamente lo stesso tempo che trova.
Ciò che sottolinea il Dalai Lama è che non c’è modo di modificare il passato, e che quindi dovremmo semmai concentrarci sul presente e migliorarlo affinché il passato non si ripresenti tale e quale.

#2. “Se si va a vedere, alla fine tutte le guerre hanno matrice religiosa.”

Parlando di religione e violenza, penso sia importante distinguere tra le due diverse forme di conflitto che sono spesso state associate alle differenze religiose. Innanzitutto, ci sono conflitti a cui viene attribuita una paternità religiosa, ma in cui, sebbene le differenze di fede possano rappresentare un fattore, gli elementi cruciali sono piuttosto il potere nelle sue varie forme: politica, economica, etnica o istituzionale. In situazioni del genere, le differenze religiose possono fungere da comoda copertura, ma i problemi fondamentali riguardano le disparità tra ricchi e poveri.[…] Poi ci sono i conflitti che invece sorgono soprattutto a causa delle differenze tra le fedi religiose, e in particolare per questioni dottrinali. Chi vi è coinvolto è spesso un onesto praticante della propria fede, ma la sua prospettiva conflittuale, per quanto possa sembrargli fondata, è soprattutto causata dalla mancanza di contatti con i seguaci delle altre tradizioni e dalla più totale ignoranza circa la genuinità dei valori trasmessi dalle fedi diverse dalla propria. In situazioni del genere, il rimedio chiave implica l’allargamento degli orizzonti delle proprie conoscenze e della propria capacità di comprensione. Nel mondo reale la pluralità delle tradizioni religiose è qualcosa di ben stabilito e inevitabile, quindi, in un modo o nell’altro, dobbiamo tutti quanti imparare a coesistere in pace e armonia.

Non c’è molto da commentare; credo sia sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere. Anche nel secondo caso, cioè quello in cui il conflitto nasce proprio da una divergenza dottrinale (dottrinale, cioè l’aspetto formale, talvolta persino esclusivamente estetico dell’attuare la religione. Qualcosa di quasi irrilevante, quindi!), se si scava un po’ si vede che in realtà è mosso da un mero desiderio umano: invidia, superbia, ira, cupidigia (di soldi e/o potere), eccetera. Qualcosa di molto basso insomma, cioè il contrario esatto dell’aspirazione spirituale.

#3. “Non c’è bisogno della religione per vivere eticamente e moralmente.”

Ho sempre sostenuto che se le religioni tradizionali dovessero essere soltanto fonte di conflitti e sofferenze, da un punto di vista non teista noi umani avremmo il pieno diritto di rinunciarvi. Ma per fortuna le cose non stanno così. Certo, le religioni hanno avuto un ruolo nelle guerre e nelle divisioni che caratterizzano la storia umana, ma non si tratta di una caratteristica inevitabile, né deve rappresentare l’unico ruolo che le religioni possono svolgere. Ognuna delle grandi religioni mondiali, nel corso della sua lunga storia, ha contribuito enormemente al benessere di milioni di esseri umani. Oltre a offrire una struttura morale, grazie a cui gli individui e le comunità possono vivere eticamente, hanno dato una dimensione e un significato più profondo alla vita di milioni di individui, e sono state fonte di conforto e pace in caso di avversità e tragedie personali.

La “santa laica” Margherita Hack, scomparsa qualche giorno fa, aveva tra le sue massime di vita anche questa qui: “le leggi morali non ce le ha date Dio, ma non per questo sono meno importanti. Questa dovrebbe essere l’etica dominante, senza aspettarsi una ricompensa nell’aldilà.”
Come lei stessa diceva, evitiamo di professare bischerate anti-scientifiche. Non c’è modo di sapere (seguendo la scienza moderna) se queste leggi morali ci sono state date effettivamente da Dio (e quindi è impossibile affermare anche il contrario, cioè che non ce le ha date Dio). Quello che però si può studiare scientificamente, è che al centro di ogni società antica c’era invece una religione. E quella sì che ha formato l’etica e la morale. Per l’appunto, è proprio quell’etica e quella morale di cui oggigiorno il genere umano tanto si lamenta, etichettando come “bacchettoni” e “moralisti” tante persone che si sforzano di vivere secondo le regole della sana e onesta convivenza nonostante tutto il mondo remi in verso contrario, verso l’anarchia del “posso fare quello che mi pare”, solo talvolta, per miracolo, mitigato dalla chiosa “…Finché non invado la libertà del prossimo”.
Dobbiamo prendere una decisione, perché non si può predicare bene e razzolare male. Queste regole etiche e morali, ci servono, sono utili e le vogliamo, oppure chi le esercita è un moralista noioso e obsoleto? Non ci piove che non ci sia bisogno delle religioni per sapere che rubare o uccidere è sbagliato, ma teniamo bene a mente, come invece Margherita Hack non ha fatto, che queste regole provengono dalla struttura etica e morale della relativa grande religione locale.

#4. “Le religioni sono incoerenti.”

Di per sé stesse le differenze non sono né buone né cattive, e non devono necessariamente produrre conflitti. Tutto sta nel modo in cui le percepiamo. Persino nell’ambito dei pensieri e delle emozioni di un singolo individuo si possono constatare differenze e contraddizioni di ogni genere. Per esempio, tra le diverse fasi della vita, e persino tra ciò che viene sentito e pensato alla mattina e quello che ne resta la sera. In realtà, sono proprio queste nostre idee ed emozioni contraddittorie che possono far scaturire, almeno in parte, una nuova comprensione della realtà, e renderci tutti quanti più maturi e tolleranti.

Ho già scritto sull’argomento quando ho recensito il famoso libro di Odifreddi, quindi aggiungo solo che chi si approccia alle religioni con atteggiamento intellettuale e razionalistico, sta semplicemente sbagliando completamente approccio, e il suo destino sarà rimanere a galleggiare nell’oceano dell’ignoranza. Tenendo come punto fermo l’assoluta e inoppugnabile natura contraddittoria dell’uomo moderno, è semplice questione di buon senso mettere da parte le proprie convinzioni e preconcetti quando si cerca di comprendere un pensiero diverso dal nostro.

#5. Per acquariani, neo-hippie, pseudoesoteristi moderni et similia.

[…] Ma la comprensione reciproca deve poggiare su solide fondamenta che includono, tra l’altro, un riconoscimento esplicito delle differenze concrete esistenti.
Il Dalai Lama con Joseph KurtzSe vogliamo che il nostro approccio abbia successo non possiamo occultare le discrepanze promuovendo una qualche vaga visione secondo cui le diverse religioni in realtà sarebbero una sola, né possiamo cedere alle lusinghe di un tentativo sincretistico di fonderne le diverse qualità fino a giungere a una sorta di fede universale. Penso piuttosto che ci sia bisogno di una formulazione esplicita e di una vera e propria celebrazione della diversità, giacché sono proprio le differenze tra le diverse fedi a rappresentare la bellezza dell’infinita saggezza di Dio (secondo una prospettiva teista) e la ricchezza dello spirito umano (secondo l’altra prospettiva).
Se l’armonia interreligiosa saprà fondarsi su un sano riconoscimento delle differenze tra le diverse tradizioni spirituali, potremo trascenderne alcune e procedere oltre, mirando a un livello superiore di convergenza che poggia sul comune denominatore del miglioramento dell’essere umano, sulla definizione di un insieme di insegnamenti etici essenziali.

Siamo all’estremo opposto, cioè quel pensiero semplicistico del “peace & love” emerso in quegli anni maledetti alla fine del 1960.
È vero che le religioni hanno un’origine comune, ma è anche vero che quelle religioni non sono l’origine comune. In quell’origine ci può essere sincretismo, unione totale, perfezione, ma le religioni sono materializzazioni inferiori di un concetto superiore, e per questo motivo non possono che essere imperfette, e avere discrepanze tra loro.
Quello che non deve essere perso di vista è lo scopo ultimo: l’autoscoperta (“conosci te stesso…”), l’automiglioramento (“…e conoscerai l’Universo e gli Dei”), l’eliminazione dei nostri difetti. Per fare questo occorre generare ordine nel nostro caos, ed ecco che torniamo a quei principi etici e morali che sono alla base di ogni religione. Perché le religioni non sono tutte la stessa cosa, ma sono sorelle, come spiega bene il Dalai Lama nel suo libro, che si chiama appunto…

Le religioni sono tutte sorelle, Dalai Lama, 2010


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